francesco bellotto
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Fotografie di Foto Piccinni
Via S. Agostino, 5 Treviso




Showreel dalla prova generale
23 dicembre 2015











Foto di Alvise Zambon
dal Backstage

Mettere in scena per la prima volta un'opera è lavoro particolarmente affascinante: la quasi totalità degli allestimenti operistici, infatti, è una sorta di gioco di rispecchiamenti e allusioni fra pubblico e registi. Quando, ad esempio, si mette in scena l'ennesima Bohème, il lavoro del regista parte da considerazioni come queste: il pubblico sicuramente conosce lo spettacolo di Zeffirelli e -poniamo- di Jonathan Miller. Bene: io, nel 2015, come posso far tesoro di tale "sapere condiviso" e raccontare nuovamente la storia usando parole diverse, un flusso poetico alternativo? In questo senso la regìa di tradizione è sempre meta-teatrale, un atto imitativo (o distruttivo, è lo stesso) di un gesto spettacolare che già esiste fuori e prima della regìa.


Il teatro contemporaneo ha dunque potenzialità creative inusitate per chi partecipa al primo allestimento: il Gioco del vento e della luna ha cominciato ad esistere solo nel momento in cui l'abbiamo inscenato, e ci ha meravigliato quando ha cominciato a muovere i primi passi, acquistare voce, forma, colore.

Ma prima di tutto questo Il gioco del vento e della luna è ovviamente un testo, e forse mai come per l'opera contemporanea il testo assume un ruolo chiave. L'autore infatti imprigiona in un pentagramma un progetto del tutto mentale: manca ancora della materia e dello spazio in cui il progetto dovrà essere calato. È necessario, dunque, rapportarsi alle nuove partiture con una attenzione e un rispetto ancor maggiori di quanto avviene col repertorio: per paradosso, dopo che negli ultimi decenni abbiamo ben sperimentato la filologia come approccio metodologico per l'allestimento di opere del passato, occorrerebbe forse oggi inventare una "filologia della contemporaneità" che ci consenta di attingere rigorosamente alla pienezza dei valori dei testi d'oggi. Normalmente, visto anche il ruolo dittatoriale e autonomo che la regìa ha assunto negli ultimi decenni, i due ambiti vengono tenuti rigidamente distinti. Secondo me spesso causando la perdita o l'annebbiamento di significati importanti.

Per queste ragioni nella mia messinscena ho cercato di rispettare alla lettera il progetto immaginato da Luca Mosca e Pilar Garcia. La trama si ispira evidentemente agli schemi narrativi dei film di genere, in particolare alla cosiddetta "commedia sexy all'italiana". Il libretto di Garcia è comico, venato di continua ironia, con personaggi che volutamente rifuggono da una vera complessità psicologica. Il Chierico della prima veglia è un principe la cui presunta grandezza si scontra con una natura capricciosa e infantile piuttosto bassa. Il matrimonio è combinato per interesse attraverso un contratto fra maschi che detengono il potere. L'iniziazione erotica della giovane Nobile Profumo è condotta in maniera ingenua: i sensi della fanciulla si risvegliano improbabilmente guardando un libro di stampe cinesi. Dalla iniziazione al tradimento coniugale il passaggio è immediato, antipsicologico. Il servo, infine, è una declinazione dei molti buffi pronti ad approfittare degli avanzi (culinari e non solo) lasciati in casa dal padrone. La Cina è dunque illustrata come un paese di stereotipi, di luoghi comuni: esattamente l'immagine che un occidentale di media ignoranza può avere di quel paese.  Da queste considerazioni deriva la scelta di portare in scena l'armamentario oleografico e tarocco rappresentato da ombrellini di carta, vestiti tradizionali, movenze pseudocinesi, cerimoniali, vaticinii magici.

Attorno, Luca Mosca ha scritto una partitura coloratissima e brillante in cui l'oriente viene reinventato, creando una Cina artificiale ma al contempo raffinata e divertente, conducendo (anche attraverso la pittura sonora) le tre grandi scene verso il cambiamento finale.

Ho dunque deciso di contenere tutta questa materia in una cornice di opprimente fissità. I movimenti avvengono per angoli: la scena, nel funzionale progetto di Massimo Checchetto, è costituita da quattro passerelle che obbligano i personaggi a spostamenti e posizioni per angoli retti. Tutto, nel palazzo, si muove seguendo i punti cardinali, come nella rosa dei venti. La rotondità e l'obliquità non appartengono al mondo maschile del Chierico. La metamorfosi avviene seguendo la parabola narrativa della protagonista: la luna (unico elemento circolare, rappresentazione metaforica della femminilità, continuamente evocata nella gestualità dei personaggi) arriva a esercitare il suo potere sulle cose e sugli uomini quando incontra il vento. Da quel momento, tutto sarà diverso. Le movenze di Nobile Profumo perderanno gradualmente convenzionalità e schematicità, diventano danza, canto libero, sensualità pura.






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