francesco bellotto
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Le sette Canzoni di Gian Francesco Malipiero
foto di scena al Teatro Malibran
28 marzo 2012

Un po' spiazzante ma molto interessante avere la possibilità di lavorare sulle Sette Canzoni. Si tratta di un testo, per un regista, da avvicinare con circospezione: Malipiero scrive la sua prima opera seguendo un programma estetico ben preciso. Uomo del Novecento storico, appartenente alla generazione dell'Ottanta, vorrebbe liberarsi dalla tradizione operistica italiana, ed in particolare da “quell'assurdo chiamato recitativo”, dal dialogo, dalla rappresentazione di un'azione recitata, da un “dramma” in musica.

Per questa ragione Le sette canzoni non hanno nessuna unità drammaturgica. Sette quadri statici narrativamente scollegati fra loro. Sette ambientazioni differenti. Sette frammenti di storia in compiuti ma separati gli uni dagli altri. Sette personaggi talmente non-personaggi da non avere neppure un vero nome: un cantastorie, un frate, una vecchia madre, un ubriaco, un innamorato, un campanaro. La partitura termina addirittura con un episodio in cui non esiste un solista: L'alba delle ceneri è una canzone senza cantante... E l'opera intera è costruita senza un libretto: i solisti pronunciano parole che sono un centone di frammenti poetici italiani di epoca pre-melodrammatica, artificialmente decontestualizzati.

Come si fa a pensare un teatro che sia anche la negazione dei suoi elementi costitutivi di base? La risposta potrebbe arrivare dall'autore stesso, che così dichiarava: “Le Sette canzoni nacquero dalla lotta fra due sentimenti: il fascino per il teatro e la sazietà per l'opera”.

Il disegno registico è partito esattamente da quel “fascino per il teatro” che Malipiero comunque confessa di nutrire. Per questo motivo si è deciso di rispettare l'essenza del meccanismo scenico previsto dall'autore: le levate e calate di sipario tra i diversi episodi, le didascalie, le situazioni narrative.

La scelta scenografica risente di fattori ulteriori. Innanzitutto era importante pensare all'occasione della produzione: il recupero della partitura per il documentario Il giorno della salute  nell'ambito delle celebrazioni dedicate a Francesco Pasinetti. Il cineasta veneziano  – amico di Malipiero – era l'autore de Il giorno della salute e di una importante messinscena delle Sette Canzoni realizzata per il Teatro La Fenice. Singolare, poi, la coincidenza d'ispirazione tematica nei due lavori: il documentario e l'opera possono essere considerati come una riflessione sul tema della morte. Pervasiva, la presenza della città natale degli autori, una Venezia che diventa allo stesso tempo scenario ed anima di ambedue le partiture.

Quando Carlo Montanaro ha mostrato a me e allo scenografo Massimo Checchetto le storiche foto del set del Giorno della salute, abbiamo immediatamente capito che quel tipo di ambientazione, quei climi intensi, quei simulacri di personaggi sarebbero stati semplicemente perfetti anche per le Sette Canzoni. E soprattutto fornivano elementi precisi sull'immaginario condiviso dai due intellettuali. Immaginario di due contemporanei. Immaginario di due artisti veneziani. Immaginario di due amici.

In accordo con l'idea antimelodrammatica che sta alla base dell'opera, ci sembravano inutili le costruzioni, le architetture, i fondali, il ciarpame scenografico riesumato da un cimitero teatrale che il compositore in qualche modo aveva in animo di seppellire. Perciò abbiamo concepito lo spettacolo come un unico racconto per immagini tematicamente collegate.

Nella prima parte, mentre risuona la colonna sonora di Malipiero, si sfoglia un album di frammenti fotografici raccolti dallo stesso Pasinetti sul set originario del documentario.

Nella seconda parte, sette  di quei frammenti si trasformano in segno scenografico.

Il bianco e nero e i costumi delle fotografie imprestano le tonalità della figurazione alle Sette Canzoni, ed è proprio un fotografo, un'eco del regista Pasinetti a condurci, come Orfeo, nel mondo di un immaginario forse estinto – come il teatro d'opera – ma pieno di quel fascino del quale Malipiero, nonostante tutto, si confessava sedotto.

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