Quando nel 1782
Beaumarchais finì di scrivere il suo Mariage de Figaro,
sapeva benissimo che la commedia aveva contenuti eversivi. Il
ritratto d'una nobiltà illiberale e corrotta, la disuguaglianza come
metodo di dominio, la prepotenza maschile erano soggetti che non
sarebbero passati inosservati agli occhiuti controllori dell'ancien
régime. Così, infatti, puntualmente avvenne. La commedia,
sebbene vietata sulle scene, prese però a circolare come
pubblicazione a stampa. Fu in questa forma che Da Ponte e Mozart la
conobbero, comprendendone immediatamente l'enorme potenziale
spettacolare. La corte asburgica ne permise la messinscena nel 1786
forse perché la commedia, trasformata in libretto, era in lingua
italiana o forse perché si pensò che trasformandola in opera
musicale se ne sarebbe attenuata
la pericolosità.
Ad ogni buon conto,
grazie a questa 'imprudente' concessione della censura, oggi abbiamo Le nozze di
Figaro.
Tuttavia, noi spettatori
del terzo millennio fatichiamo a percepire immediatamente la potenza
politica della trama di Beaumarchais: le nostre società, dopo la
rivoluzione francese, hanno profondamente assimilato ideali e
comportamenti che prima del 1789 erano invece pura utopia. Il mio
progetto prova dunque a raccontare
questo aspetto, cercando di rimettere al centro della narrazione quel messaggio di speranza e cambiamento che sono parte
fondante del titolo.
Il teatro (in
particolare quello d'opera) sul finire del Settecento funzionava né
più né meno come un moderno mezzo di comunicazione di massa, e
proprio per questo era rigidamente controllato dalla censura.
Riuscire a inoculare in un pubblico socialmente eterogeneo idee e
comportamenti come quelli raccontati da Nozze era atto di
notevole arditezza. Il teatro, con i suoi meccanismi ad
orologeria, era sicuramente una potentissima arma politica.
Per queste ragioni, nella
nuova messinscena che abbiamo ideato per il Comunale, la macchina
teatrale sarà in primo piano nel racconto scenico. Dai magazzini
trevigiani vedremo arrivare sul palco in costruzione vecchie scene
(meravigliose, quelle di Lele Luzzati del 2005); dai bauli il
costumista Alfredo Corno estrarrà un fantastico
set d'abbigliamento storico; dalle casse di legno macchinisti e
attrezzisti recupereranno infine tutti gli oggetti indispensabili
alla rappresentazione.
Vedremo dunque mettere
in scena l'opera, mostrando
potere e fascino della macchina teatrale. Macchina teatrale che -a
Treviso come in ogni luogo dove s'apre un sipario- è stata in grado
di cambiare la storia e difendere la dignità dell'Uomo. Sì, perché
-in fondo- per tutti noi, anche oggi, Nozze di Figaro
è esattamente questo: un capolavoro capace di rendere migliore la
nostra civiltà.